Santoreggia, l'erba aromatica e officinale
Usate in Europa da secoli, le foglie di santoreggia rappresentano una risorsa nell'alimentazione e come rimedio naturale. In cucina sono celebri per il gusto saporito e pepato, simile a quello del timo ma più amarognolo. Dona anche note simili alla maggiorana, e un aroma intenso con sentori erbacei. Storicamente molto apprezzata per condire le minestre, i fagioli e la carne, quest'erba aromatica arricchisce i piatti fino a sostituire il sale o il pepe nero (fu usata così finché non venne introdotto dall'Asia).
Quali sono le proprietà della santoreggia?
Come molte erbe aromatiche, la santoreggia è usata a tavola per le sue proprietà digestive e depurative, che facilitano un regolare transito gastrointestinale del cibo. Ottima in caso di digestione lenta, un’infusione di santoreggia dopo i pasti, facilita l'assimilazione degli alimenti con le sue proprietà stomachiche. In più, può essere indicata nel caso di dolori gastrici da stress, per calmare i crampi addominali. Facilita la produzione della bile e previene le fermentazioni intestinali, eliminando i gas in eccesso nello stomaco. Questa sua qualità ha reso la santoreggia un'ottima erba aromatica da inserire nei piatti a base di fagioli. È stata utilizzata per le sue qualità benefiche da secoli, e anticamente veniva considerata un rimedio naturale per la depurazione, sia dell'apparato digerente sia di quello relativo alle prime vie respiratorie. Possiede, infatti, dei composti balsamici utili al benessere di naso e gola. Viene usata un'infusione di santoreggia per i gargarismi contro il mal di gola e per alleviare la congestione nasale. Al suo interno la santoreggia possiede oli essenziali benefici come carvacrolo, timolo e terpinene, l'acido rosmarinico, antiossidanti come flavonoidi, triterpeni e steroli. L’infuso di quest'erba aromatica è anche indicato per il massaggio sul cuoio capelluto, per purificare e rinforzare i capelli.
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Come usare la Santoreggia per cucinare?
I piacevoli aromi di quest'erba sono particolarmente diffusi nella tradizione italiana e dei paesi mediterranei, anche all'interno di miscele famose come le Erbe di Provenza. La santoreggia è adoperata in diverse ricette di cucina, apprezzata per il suo sapore leggermente pungente, pepato e dal retrogusto che ricorda il timo. Il suo aroma erbaceo evoca anche la salvia, l'origano e l'anice, e non viene disperso nella forma della santoreggia essiccata. Il suo gusto è deciso e intenso, quindi è bene non usarne troppa nelle ricette. Bastano poche foglie aggiunte agli oli, per creare una base di cottura ricca di sapore. Seppure sia usata in questo modo nella preparazione delle ricette dai tempi lunghi, è consigliabile aggiungerla a fine cottura per mantenerne l'aroma. Il suo carattere pungente può essere utile per adoperarla come sostituto del sale e del pepe, usato in tal senso già dai romani.
Consigli per usare la Santoreggia nelle ricette
Ricette salate: le foglie donano un sapore pepato ottimo per insaporire minestroni e zuppe di verdure. Il suo gusto intenso rende aromatici ripieni e formaggi. Il tocco lievemente pungente raffina il sapore di patate, funghi, ortaggi e verdure alla griglia o al vapore – perfetta su cavolfiori, zucchine, pomodori. In diverse regioni d'Italia è usata per insaporire i sughi dei primi piatti.
Ricette salate: le foglie donano un sapore pepato ottimo per insaporire minestroni e zuppe di verdure. Il suo gusto intenso rende aromatici ripieni e formaggi. Il tocco lievemente pungente raffina il sapore di patate, funghi, ortaggi e verdure alla griglia o al vapore – perfetta su cavolfiori, zucchine, pomodori. In diverse regioni d'Italia è usata per insaporire i sughi dei primi piatti.
Legumi: l'associazione tra la santoreggia e i fagioli è classica in cucina, e in alcuni paesi è detta “erba dei fagioli”. È particolarmente indicata per cuocere tutti i legumi, dato che le foglie ostacolano la formazione dei gas intestinali e facilitano la digestione. Diverse ricette la inseriscono nelle lenticchie, nella pasta e fagioli, all'interno della zuppa di fagioli e speck e nel chili.
Carne: la santoreggia è usata nella tradizione pestata o tagliata finemente, per aromatizzare salsicce, insaccati, salumi. Nei piatti di carne è ottima nelle ricette in umido e nella preparazione delle polpette. È un'erba che si sposa bene con i tempi lunghi di preparazione e cottura della carne, in particolare su maiale, manzo e pollo. Può essere usata anche per le marinature e gli strofinamenti a secco (dry rub), in cui la santoreggia rilasciare sapori profondi e pepati, ottimi prima di arrostire o grigliare le carni.
Salse: similmente all'origano può arricchire salse e condimenti per insalate, bruschette, focacce, pizze. Può aromatizzare il burro, scaldato in padella per un ripieno gustoso (insieme a timo e rosmarino, cipolle, sedano, funghi, brodo e pangrattato con le uova). Inoltre, si usano le foglie di santoreggia per insaporire l'aceto di vino bianco.
Miscele: la santoreggia fa parte di molte miscele di erbe da cucina, ad esempio nelle Erbe Provenzali francesi, nel mazzetto di aromi usato in Germania e nell'Europa centro-settentrionale - fa parte anche del mix khmeli-suneli della Georgia (con maggiorana, aneto, basilico, prezzemolo, menta e foglie di coriandolo) e di una miscela speziata bulgara (paprika, santoreggia, basilico, levistico e aglio).
Tisana: per creare un infuso benefico, aggiungere 2 cucchiaini di santoreggia essiccata in una tazza di acqua bollente, da lasciare in infusione per circa 5 minuti.
La Ricetta: Fagioli con la santoreggia
Ingredienti: 250 g di fagioli (lasciati in ammollo per una notte o in scatola) - 400 g di pomodori freschi senza buccia e tagliati a metà - 2 carote tagliate a pezzi - 1 gambo di sedano tagliato a pezzi - 1 cipolla tritata - 1/4 di cucchiaino di semi di finocchio tritati - 3 spicchi d'aglio - 3 fette di pancetta affumicata – sale e pepe q.b. - 1 cucchiaio di olio extravergine d'oliva – 150 g di pomodorini a pezzetti - 1 cucchiaino di senape - 1 cucchiaino e 1/2 di paprika affumicata – 1 cucchiaino e 1/2 di foglie di santoreggia tritate – un pizzico di prezzemolo tritato
Preparazione
Mettere i fagioli (scolati e sciacquati) in una pentola grande, adatta alla cottura in forno. Aggiungere metà della carote, il sedano, 1/2 cipolla tritata e 1 spicchio d'aglio. Coprire con poca acqua (circa 10 cm) e far bollire a fuoco vivace per 10 minuti. Ridurre a fuoco lento per circa 60 minuti, finché i fagioli saranno teneri.
Mettere il resto della carota, della cipolla e dell'aglio su un vassoio insieme ai pomodori freschi e alla pancetta. Condire con sale e pepe, aggiungendo l'olio d'oliva. Mescolare bene e poi posizionare il tutto in forno. Arrostire per 20 minuti a 180 °C. Allungare poi gli ingredienti arrostiti con circa 2 cucchiai di acqua per ottenere un composto pastoso. Aggiungere agli ingredienti bolliti i pomodorini a pezzetti, la senape, la paprika affumicata e le foglie di santoreggia. Cuocere su fiamma a fuoco lento per 20 minuti (cambiando pentola e aggiungendo un altro goccio d'acqua se necessario). A fine cottura, aggiungere un altro pizzico di santoreggia e prezzemolo tritato.
Da dove proviene l'erba santoreggia?
Definita botanicamente Satureja, questa pianta annuale fa parte delle Lamiacee, la famiglia della menta. Si presenta come una piccola pianta con fiori bluastri e foglie lineari-lanceolate – possiedono ghiandole che emanano un intenso e gradevole profumo. Solitamente in cucina si usa la varietà della Satureja montana ma può essere usata anche la Satureja hortensis. Entrambe sono originarie della regione mediterranea, piante rustiche che crescono spontaneamente nel Centro-Nord e si raccolgono in piena estate.
Il suo nome Satureja non ha un'origine chiara, forse proviene da parole latine relative alla semina (come satum), dal greco satiro (sàturos) – infatti era detta anche “l’erba dei satiri” oppure “erba dell'amore”, ritenuta afrodisiaca. È nota anche come erba acciuga ed erba pepe, dato che sostituiva questa spezia. La sua fama come erba afrodisiaca era nota già agli antichi romani, che la usavano per preparare filtri d'amore, e ai greci che la dedicarono a Dioniso, divinità delle danze sfrenate e dissolute. Per questa reputazione, la santoreggia era vietata nei monasteri, dato che si riteneva potesse togliere i freni inibitori e trasformare in satiri (metà uomini metà capre).
Il suo uso in cucina è antico e risale già all'epoca romana, quando la santoreggia insaporiva con il suo gusto speziato diverse vivande, in particolar modo la carne e i legumi. L’apprezzavano a tal punto da diffonderla nelle terre conquistate, e per questo entrò pian piano anche nelle tradizioni culinarie europee.
Nel Medioevo la pianta della santoreggia per alcuni periodi tornò ad essere coltivata dai monaci (nel IX secolo) e si fece stimare come erba curativa officinale, apprezzata per trattare problemi di stomaco, intestino e contro la gotta. Durante il Rinascimento la sua preparazione era consigliata, sotto forma di decotto nel vino, per trattare le ulcere della bocca. Si usava insieme ad altre piante simili (timo, rosmarino, lavanda) per depurare l'organismo in modo naturale, e si strofinavano le foglie di santoreggia sulle punture d'insetto per alleviare il fastidio e il gonfiore. Rimase fino a tempi recenti sia in cucina sia come rimedio naturale, diffondendosi sempre di più in Europa anche come parte di molte miscele di erbe, come sostituto del sale e del costoso pepe nero.