Il Brasile è il più grande produttore mondiale di caffè, esistono quindi molti tipi di caffè brasiliano, la maggior parte trattato col più diffuso metodo lavato, ma non mancano, come nel caso di questo prodotto, caffè essiccati col metodo tradizionale.

Storia della produzione di caffè in Brasile

Spesso il Brasile è il primo paese che viene in mente quando si parla di caffè, eppure la pianta del caffè o meglio dovremmo parlare di piante perché in Brasile si coltivano sia la Coffea arabica che la Coffea canephora (da quest’ultima si ricava la robusta), non sono originarie delle Americhe. La pianta del caffè arrivò in Brasile nel 1700 importata dagli europei. Il primo approdo del caffè nel continente americano pare sia stato ad opera dei francesi nei Caraibi, come sia arrivato in Brasile che era sotto il dominio dei portoghesi non è sicuro, secondo una storia fu un soldato portoghese che riusci ad ottenerne dei semi dalla moglie del governatore della Guyana francese. Comunque in qualche modo nel 1727 il caffè arrivo nel Brasile nordorientale nell’odierno stato di Parà.

Prima della fine del secolo era diffuso nello stato di Rio de Janeiro ma fu il boom della domanda di caffè nei ricchi mercati statunitense ed europeo all’inizio del secolo successivo che fece affacciare la caffeicoltura brasiliana sui mercati internazionali. Attualmente il Brasile è il primo produttore mondiale con un terzo della produzione totale, eppure in passato era stato ancora più dominante, addirittura attorno al 1920 la sua posizione di dominio del mercato internazionale del caffè era tale che secondo le stime più prudenti forniva al mondo almeno l’80% del caffè, secondo altre fonti sfiorava il 100%.

Per quel che riguarda le regioni di produzione, lo stato di Minas Gerais fornisce più del 50% della produzione, del resto basta guardare una cartina per accorgersi che è uno degli stati più estesi, si trova nella parte sudorientale del paese, alle spalle di Rio de Janeiro e Espirito Santo. Il secondo stato per produzione è Sao Paulo, l’omonima città nel 1800 divenne la maggiore città del paese proprio per l’impetuoso sviluppo dell’industria del caffè. Da Espirito Santo invece viene la quasi totalità della produzione di arabica.

La qualità del caffè brasiliano

L’enorme produzione di caffè è divisa tra un 80% di arabica e un 20% di robusta che, ricordiamolo, non è ottenuta semplicemente da una varietà diversa ma proprio da un’altra specie di pianta, la Coffea canephora. A dimostrazione del fatto che è il mercato internazionale a richiedere soprattutto arabica basterà citare il fatto che di quel 20% di robusta se ne esporta meno del 5%, mentre di quel 80% di arabica ben il 70% viene esportato (dati rispettivamente del 2007 e 2009). Le caratteristiche del caffè dipendono da una combinazione di fattori: la pianta (naturalmente) esistono molte varietà di arabica, il terreno, il clima (quest’ultimo a sua volta frutto di una combinazione di fattori quali l’altitudine, l’esposizione ad agenti atmosferici delle piantagioni etc.). In Brasile la maggioranza delle coltivazioni non è a grandi altezze, ma si giova della vicinanza degli altopiani, anche se non mancano anche caffè coltivati ad altitudini maggiori. Il ciclo delle piogge che alterna siccità a piogge abbondanti ha un ruolo fondamentale nel favorire raccolti di qualità uniforme e anche la quantità della produzione perché ogni volta che arrivano le piogge la pianta del caffè fiorisce. Vista l’enorme quantità di caffè esportato spesso nell’immaginario collettivo il caffè brasiliano viene associato all’idea della quantità e non a quella della qualità, ma in realtà esporta caffè di ogni livello anche con punte di eccellenza.

Pur nelle differenze tra caffè e caffè caratteristica comune dei caffè brasiliani è la dolcezza del retrogusto con sentore di noci e/o cacao e la bassa acidità, la bassa acidità viene considerata la caratteristica

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