Il Kenia ha una produzione di caffè piuttosto bassa per quantità ma che eccelle in qualità, perlomeno quello esportato. I caffè keniani sono caratterizzati da un sapore pieno e fruttato a da un’alta acidità.

Storia della produzione di caffè in Kenia

La storia del caffè in Kenya è completamente diversa da quella della confinante Etiopia, patria della Coffea Arabica, non solo tradizionalmente in Kenya non si consumava caffè, ma tuttora i kenioti preferiscono il tè, il caffè culturalmente viene visto come un prodotto coloniale. Il 95% della produzione di caffè viene esportata. La produzione nel 2020 è stata di sole 50000 tonnellate circa, ponendo il Kenya al quinto posto in Africa e al diciottesimo nel mondo per quantità e la produzione sta calando, però il fatturato sta aumentando perché i caffè kenioti si stanno sempre più affermando per qualità e il prezzo sta salendo. Non sorprenderà che il 99% del caffè prodotto in Kenya sia arabica visto che è destinato all’esportazione. Il caffè keniano viene esportato sotto la dicitura Kenia Washed Arabica seguita dall’indicazione del crivello (il crivello è in pratica un setaccio che serve per selezionare chicchi di una certa grandezza), cioè non si individua la zona di produzione, del resto come abbiamo detto quantitativamente la caffeicoltura del Kenya è piccola e il caffè viene coltivato su un’area totale di soli 120000 ettari ad altezze variabili tra i 1400 e i 2000 metri. Attualmente vari progetti internazionali stanno lavorando sulla formazione dei contadini locali per aumentare la produttività e sviluppare le potenzialità della caffeicoltura in Kenya per renderla in grado di essere più competitiva sui mercati internazionali e non essere conosciuta solo come prodotto di nicchia. In Kenya c’è anche una piccola produzione di caffè essiccato col metodo naturale ma in questo paese questa viene riservata essenzialmente ai chicchi scartati o da rami caduti a terra, dunque non si tratta di caffè di alta qualità.

La qualità del caffè kenyota

Come abbiamo anticipato l’industria del caffè in Kenya ha molti problemi di arretratezza e scarsa formazione che la rende poco competitiva, paradossalmente (o forse no) questo non si riflette sulla qualità del caffè che viene esportato, anzi sembra che proprio perché, per dirne una, la produttività delle piantine è molto bassa rispetto a quella in altri paesi, l’unico modo per i coltivatori di stare sul mercato sia esportare chicchi molto selezionati. Dal punto di vista delle condizioni ambientali il Kenya ha tutto quello che hanno i maggiori produttori di caffè, foreste tropicali ad alte altitudini, terreni vulcanici, etc. I caffè keniani sono accomunati dall’essere corposi e fruttati, con sentore di bacche come il cioccolato o note di frutti di bosco e una spiccata acidità. Quanto abbiamo scritto sulla scarsa preparazione dei contadini kenioti sulla coltivazione del caffè e sul valore del loro prodotto sembra essere in contraddizione con la nozione della qualità dell’arabica proveniente dal Kenya, ma qui entra in gioco il discorso del paragrafo precedente sulla selezione dei chicchi per dimensione, il caffè keniota di più alta qualità (la AA) è caratterizzato dalla grandezza dei chicchi, a parità di condizioni di coltivazione i chicchi più grandi danno caffè di maggiore qualità perché producono un olio che conferisce un aroma intenso all’espresso.

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